Viaggio in Sissa Trecasali anno 2019 pubblicato sul Giornalino Pro Loco "VOCI"

F.Scaramuzza
F.Scaramuzza

Inferno Canto I: Dante nella selva oscura

 

Nel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura,

ché la diritta via era smarrita.

 

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

esta selva selvaggia e aspra e forte

che nel pensier rinova la paura!

 

Tant' è amara che poco è più morte;

ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,

dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.

 

 

Iniziare nell’anno del signore 2019 un viaggio in Sissa con le parole di Dante, per ricordare uno degli illustri personaggi che qui hanno visto la luce, hanno passato anni di vita o l’hanno vista spegnersi. L’immagine del XXXIV Canto della Divina Comedia, è uno dei 243 disegni di Francesco Scaramuzza (Sissa 1803-Parma 1886). 

Cartolina Dino Mora
Cartolina Dino Mora

E per qual motivo si dovrebbe intraprendere un viaggio ed arrivare a Sissa?       

La sp. 33 porta a Sissa, che appare, mostrando il suo, peraltro non disdicevole, lato B: il lato sud del Paese. L’edificio più importante, la Rocca dei Terzi, ha il suo accesso verso nord ed anche l’ingresso al borgo fortificato doveva essere posto a Nord. 

 

Oggi però voglio partire per questa passeggiata con voi, da Torricella; immaginando di arrivare via acqua, al porto regionale sul Po che proprio qui ha il suo attracco. 

Nautica Torricella
Nautica Torricella

Come facevano i pellegrini nel medioevo che vi attraccavano per raggiungere dal nord le vie della fede e potevano trovare ospitalità nel Torrione della Rocca dei Terzi a Sissa, che mostra chiari segni del loro passaggio.

Proseguendo lungo la sponda destra del Po, dopo il Parco Boschi Maria Luigia si trova Coltaro, la toponomastica ci induce a credere che anticamente questo fosse il Cò del Taro, cioè la fine del Taro  e qui ha sede “La Comunaglia” un’antica forma di gestione e suddivisione dei terreni alluvionali concessa agli abitanti dalla Duchessa Maria Luigia d’Austria, moglie di Napoleone Bonaparte.

Ritorno al porto di Torricella, la campagna che mi accoglie è piatta, difficilmente interrotta da grandi alberature, ma rigogliosa.

Nautica Torricella
Nautica Torricella

Le arginature dei fiumi del Po e del Taro, che vi si getta a Gramignazzo, invogliano passeggiate a piedi, in bicicletta ed a cavallo.

Certo la calura dei mesi estivi è forte e pure le nebbie invernali potrebbero scoraggiare i più, ma anche in queste manifestazioni climatiche, si trovano facili motivi di sopportazione, grazie ai risultati eccellenti dei prodotti agro-alimentari della zona, non ultima la lunga stagionatura della spalla cruda di Palasone Sissa, che richiede ben 15 mesi.

Lungo le aste fluviali molti sono i pioppi che danno refrigerio alle calure e delimitano i percorsi, nelle nebbie.

Gramignazzo: Ponte del Diavolo
Gramignazzo: Ponte del Diavolo

Giunta a Gramignazzo vengo accolta dal “ponte del diavolo”: nulla poterono le bombe sganciate per abbatterlo durante la 2^ guerra mondiale, mentre invece ebbero gioco facile con la chiesa di Sant’Antonio Abate e Bernardino, ricostruita in stile moderno con i mattoni provenienti dalla vicina fornace “Pizzi”, come quelli partiti, via acqua e fino a Venezia per la ricostruzione del Campanile di San Marco.

L’alto camino della fornace, il suo ampio tetto e la struttura, quasi del tutto recuperata, mi parlano di un periodo fecondo quanto pesante del paesino: quasi tutti trovavano impiego nelle varie lavorazioni compiute nella fornace, un complesso industriale per la cottura di laterizi con funzionamento in continuo, raro esempio di “Forno Hoffman" 

Borgonovo: la casa del ciliegio
Borgonovo: la casa del ciliegio

Proseguo scendendo dall’argine in uno stretto viottolo ombreggiato, per dirigermi verso il Santuario della Madonna delle Spine, divenuta patrona del Comune fuso Sissa Trecasali.

L’edificio settecentesco, a pianta ottagonale è costruito probabilmente su un impianto precedente; all’interno un affresco di Madonna con Bambino che tiene in mano un ramo di spine, risale al XV secolo, ma è stato ridipinto in gran parte nel settecentesco. 

Il luogo, circondato da alte alberature invoglia alla sosta e perché no, alla meditazione.

Risalgo sull’argine che trovo sulla sinistra dell’ingresso del Santuario e sempre costeggiando la riva destra del Taro, arrivo alla “casa del ciliegio” o meglio casa Pavesi dal nome dell’ultimo proprietario che qui vi trovò la morte a causa di un incendio.

La casa, senza tetto stretta ed alta, custodisce al suo interno una pianta di ciliegio che in primavera la rende bellissima. 

Raggiungo Borgonovo e dopo un perfetto rettilineo, un quadrivio apre le braccia a Sissa.

Le strade di destra e sinistra abbracciano quella che un tempo era la circonvallazione del Borgo, ora ampliatosi senza seguire le antiche trame; frontalmente si apre Via Matteotti la via principale del paese; sulla sinistra il grazioso Oratorio del Crocefisso ed un caseggiato che in alcuni punti lascia intravedere architetture signorili, era la nuova residenza della Famiglia Terzi intorno al ‘7-‘800.

Sulla destra lo sguardo cade su una casa alta e stretta, chiaramente riadattata, ancora però se ne percepisce la funzione medioevale quale torretta di guardia a difesa della porta di accesso ed alle mura fortificate.

Ormai le mura non sono più visibili, ma se intuisce l’andamento perché le case, che oggi si affacciano su Piazza Picelli, via P. Ferrari e Piazza della Chiesa, le hanno inglobate sottolineando un andamento circolare delle stesse.

La mia mente torna agli anni 60, quando bambina, camminavo in quelli che ora mi sembrano stretti borghi e che invece vedevo grandi, animati dalle tante persone che lì avevano bottega e dai tanti sissesi che, senza fretta, si servivano e si informavano delle cose successe lì e nel mondo.

Tocco con mano quanto sia cambiata la mia (la nostra vita) alla rincorsa di un illusorio “benessere” e sì, sono retorica e ne dispiaccio infinitamente.  

Per tirarmi su, proseguo per via Matteotti e mi dirigo verso il Parco delle Rimembranze, sicura che in queste giornate primaverili, lo troverò animato da tanti bimbi, madri, padri, nonni e tate. In un attimo la mia tristezza scompare, non la rabbia di un bimbo che piange perché gli è stato proibito di mangiare un sasso! 

Al centro del giardino faccio lentamente un giro completo, appagando lo sguardo e il cuore di ricordi, il monumento ai caduti, le schiere di case sorte intorno al 1400 (e fra queste anche la mia) in ognuna delle quali si apriva, a piano terra, una “bottega” e in quella che oggi chiamiamo dependance, le stalle per il ricovero degli animali che servivano per il lavoro.

L’Oratorio di San Rocco e l’edificio scolastico, costruito con il contributo di lungimiranti privati cittadini di Sissa, mio nonno compreso; la ghiacciaia della Montagnola, da sempre rifugio di ragazzi e ragazze e finalmente la Rocca, il palazzo ricostruito in epoca settecentesca ed il suo mastio risalente al 1400. 

Uno skyline circolare di tutto rispetto. 

Sissa: Piazza Roma (la Piazzola)
Sissa: Piazza Roma (la Piazzola)

Oltre la Rocca si apre Piazza Roma, anche l’andamento di questa piazza, è circolare e ricorda proprio il “foro”: antico un luogo atto allo scambio ed ai commerci.

L’abside della Parrocchiale, Assunzione di Maria Vergine, fa da sfondo alla piazza.

Ancora una volta, i ricordi prendono il sopravvento, e risento il rumore del gioco delle bocce nelle sere estive, il vociare degli avventori dei bar e le nostre grida: “tana Giorgio dietro la pompa”.

Lascio Piazza Roma e percorro l’ultimo pezzo di Via Paolo Ferrari, illustre pittore sissese da non confondere con i Ferrari, altra celebre famiglia di burattinai, anch’essi di origini sissesi.

Giungo in Piazza della Chiesa, l’orologio del campanile batte le 5, sono fortunata, la chiesa è aperta ed entro ad ammirare gli interventi di recupero a seguito del sisma del 2008 e 2011 e restauro di qualche cappella dovuta al buon cuore dei sissesi, sperando siano presto imitati.

Doveva essere un “pezzo” ironico, solitamente mi riesce, mi rendo conto invece che è tutt’altro; i ricordi, anche quelli più divertenti, lasciano sempre un fondo di tristezza, vi chiedo scusa e vado alla ricerca di un Bar, dove fare due chiacchiere gustando qualche fetta di spalla cruda di Palasone, un pò di grana e un buon calice di vino, sperando di trovarlo aperto, il BAR!

Anno del Signore 2020 - il viaggio prosegue ....

Dove ci eravamo lasciati nel luglio 2019? Al Bar!  Una sosta gradevole per chi, come a me, ama vivere slow. Il Bar, luogo di ritrovo, socializzazione e aggiornamento, quest’ultimo in senso molto lato.

Ora che sono ristorata, riprendo il mio vagare e divagare per il nostro amato ma anche tanto denigrato territorio. Mi dirigo verso la Rocca, apprezzandone l’avanzamento dei lavori che ci restituiranno un rinnovato cortile e stanze pienamente recuperate nei materiali, negli affreschi e nelle rifiniture.

Mi inoltro in via Battej e mi si stringe il cuore, vedendo l’abbandono in cui versa quello che è stato da sempre il circolo “dopo lavoro”, ora chiuso.

Proseguo, non potendo far altro che scuotere il capo, cercando di guadagnare la tranquillità della piccola Maestà posta al termine della “via di Mezzo”, che mi riporta il ricordo dei rosari del mese di maggio, della caccia alle lucciole nel buio della notte per i più piccoli e di una fuggevole carezza per i più grandi, ma soprattutto del favoloso “gelato della Celestina” per festeggiare la chiusura del mese. 

Sono a Sala piccolissima località, il toponimo richiama un insediamento longobardo sede di costruzioni per il ricovero di animali e attrezzi della “corte”. La corte è quella di Palasone, nel 584 “Corte Regia” di pertinenza del longobardo Re Autari. Un documento riporta “…in loco et fundo Palaxoni judicaria Parmensis cum castrum conscructum seu et casis dominicatis… cum cappellam Sancti Laurentii…” di tutto questo è rimasta solo la chiesa dedicata a San Lorenzo, ricostruita nel 1622 probabilmente sul sedime della precedente, ma dov’era ubicato il castello?

...Forse dove ora sorge “Cà della Congrega”? Grande casa colonica posta ai piedi dell’argine del Taro, rimaneggiata negli anni per soddisfare le esigenze dei vari fruitori, conserva ancora tracce seicentesche; la tradizione vuole fosse sede di convento, da qui la denominazione “Cà della Congrega”.  

Mercoledì 11/02/1170 in Palasone, davanti al notaio Puteolisio, Buoninfante e Preatto, fiduciari del Capitolo di Parma, dichiarano, sotto giuramento, le quote dei raccolti, i canoni e i donativi che, in ragione di ogni appezzamento e manso, vengono annualmente corrisposti ai canonici dai coloni che coltivano le terre della corte di Palasone e della pieve di San Quirico: “….Sors Blanci: III solidos pro porcata et II pullos et II fugacias et III denarios et spalam I et II birocia lignorum et II pastos et tercium vini et quartum panis…”

Ecco dove origina la Spalla cruda di Palasone, altri l’hanno cotta e col tempo all’uopo prodotta, è conosciuta come “Spalla cotta di San Secondo”. 

Lo sguardo all’orologio del campanile riporta alla realtà “Vedi l’ora ma non conosci la tua”. 

La Latteria in cui si produce e vende il “Parmigiano Reggiano”, costruita nel 1903 è stata la prima della Provincia.

Col ricordo di bimba entro e mi dirigo nella grande sala che ospita le vasche di raccolta del latte, sul lungo bancone dove riposano le forme di formaggio fresco, ancora avvolte in pezze di tela, coperte da un’asse di legno e una grande pietra. Fra poco la forma sarà girata, vi sarà aggiunta la ben nota fascera punteggiata e, se sarò fortunata Guido, mio zio, la rifilerà facendomi gustare il mitico “tosone”. 

Persa nei pensieri sono giunta a Corte Sala, la Sede Istituzionale del Comune di Sissa Trecasali, ormai deserta, ed anche questo mi fa scuotere la testa.

Di fronte il restaurato oratorio di proprietà della famiglia Guareschi Silla.

Proseguo sulla ciclabile Taro-Po, l’andamento del fiume è tortuoso: a tratti è coperto da folta vegetazione a tratti lasciando intravedere le sue acque.

Trecasali: Villa Albertina
Trecasali: Villa Albertina

In località Favaletto spiccano alti e possenti due platani secolari, indicano il giardino di Villa Albertina, un tempo residenza della famiglia Valenti, erano proprietari della casa “dei Finardi” al civico 1 di P.le della Chiesa a Sissa, mia nonna e gli zii le chiamavano “al Culuneli”. 

Carlo, che sta facendo ricerche su quella Famiglia, racconta che secondo un discendente i due platani sono stati piantati per volere di Maria Luigia, che amava sentire, nei momenti di intimità con l’amante, il frusciare del vento fra le foglie.

Ci piace pensare che sia vero e che Maria Luigia abbia dimorato qui qualche volta.

Nei pressi della Chiesa di San Quirico, guardo il cielo ed immagino volare bellissimi aquiloni nella festa del 25 Aprile, sento voci di bimbi che sopra cartoni e sacchi scivolano felici dagli argini.  

La Chiesa, dedicata ai Santi Quirico e Giuditta, a fine 1200 era una importante Pieve, la cui facciata era rivolta verso il Taro, un tempo privo di argini, per cui soggetta ad inondazioni.

Modifiche, restauri ed ampliamenti ne hanno cambiato la forma e l’orientamento: sul muro ovest è visibile la modifica, la chiesa attuale risale al 1686.

Nei pressi sorgeva una "torre di avvistamento" forse nello stabile ora “Antica Rocca”. 

Altro palazzo degno di nota è “la Baronessa” una complessa costruzione, il cui nucleo centrale risale al '600, rimaneggiata varie volte fino all’800.

La villa che fu dei Baroni Caranza, dei Rossi, dei Maghenzani, oggi è della famiglia Bacchini.

L'Oratorio settecentesco racchiude due pregevoli affreschi.

 

Oltrepasso il Famila e sempre sulla ciclabile arrivo a Ronco Campo Canneto così ridenominato nel 1402, anticamente era Pizzo Padio; l’attuale toponimo ricorda il lavoro di roncola svolto dai contadini per dissotterrare il campo dal canneto. 

Mi rivedo in casa Zanacca, a fianco della canonica, la scuola è da poco terminata ed io e Pina andremo in Taro a prendere il sole. Esce Don Roberto, che fondò la prima scuola media dell’ex comune di Trecasali, ci saluta chiedendo se per noi la scuola è finita bene. Entriamo con lui in chiesa: “questa è stata ricostruita nel 1788, la precedente era stata ricostruita nel 1402 in sostituzione di un’altra abbattuta da un’esondazione del Taro”.

In centro paese una bella Maestà. Venendo da Parma non si può non notare all’ingresso di Ronco sulla destra una casa con annessa Cappella, si tratta del Palazzo Tagliaferri, che nel ‘900 è diventato casa e laboratorio del già mastro liutaio Scrollavezza. 

I floridi campi coltivati sono ora deturpati dalla costruzione della Ti-Bre. Devo proprio tenere il capo con entrambe le mani, lo scuotimento è fortissimo! 9 Km di autostrada: da Fontevivo a San Quirico che terminano in mezzo alla campagna. Un fiorire di cementificazione fra autostrada, strade di cantiere, complanari, cispadane e rotatorie, proprio da perderci la testa.

Viarolo: Chiesa di San Giorgio Martire
Viarolo: Chiesa di San Giorgio Martire

Giungo a Viarolo, la frazione più a sud del comune e forse la più “strana”: quello che sembra un unico agglomerato sorto, in età più moderna, sulla provinciale per Parma, fa parte in realtà di due comuni: la parte nord della Strada del Cornazzano, ricade sotto il comune di Sissa Trecasali mentre quella a sud è del comune di Parma.

Per capirci la Chiesa sta sotto Parma, la trattoria sotto Sissa Trecasali, ma il campo sportivo, che è a nord, ricade sotto Parma.

Ma non facciamo tanto “i sottili”, per noi Viarolo è Viarolo e proprio qui avrei tanto voluto bermi una birra in compagnia di Roberto, che anche lui “il sottile” non lo faceva mai.

Nel 980 l'Imperatore Ottone III confermò ai Canonici della Cattedrale di Parma il possesso di molti beni, tra questi "i Ronchi di Viarolo". All'inizio del secolo XI sorgeva in Viarolo un castello, dapprima era una torre a difesa del guado del Taro, poi trasformata in Bastia a protezione del piccolo Borgo. Una cruenta guerra di fazioni ne causò la distruzione e, per decreto del Comune di Parma, non fu ricostruito, ma sulla sua area una abitazione viene da sempre chiamata la Casa del Castello.

Foto A.Bolsi: Ibis sacro
Foto A.Bolsi: Ibis sacro

È giunta l’ora di tornare, mi dirigo verso le risorgive o come comunemente li conosciamo “i fontanili”. Il fontanile prende il nome dal terreno situato a lato del nucleo rurale “La Commenda”, è delimitato a nord da Via Lazzaretto e riconoscibile per un lungo filare di grandi platani, vi si trovano due polle risorgive che sgorgano dal sottosuolo con temperature costanti tutto l’anno in cui sopravvive un piccolo pesce, il Ghiozzetto padano.

Qui, come nella Riserva Naturale di Torrile e Trecasali e nell’Oasi Garzaia Zamorani, sorta sull’area di un’ex industria chimica, viene protetta e tutelata una zona umida localizzata alla sinistra del Torrente Parma, accanto alle vasche di decantazione dello zuccherificio Eridania e comprendente una porzione dell’Oasi LIPU.

Per la fauna degli ambienti padani è un’area di rifugio, per i migratori di ristoro, altre specie vi trascorrono l’inverno ed altre ancora qui nidificano ed allevano i pulcini.

Ma la testa ha iniziato a scuotersi, ah! ecco, è stata la parola Eridania!

La fabbrica di produzione dello Zucchero da barbabietole, non produttiva da qualche anno e che nulla aveva in comune con l’Eridaneo fiume, se non lo scarico degli ingenti quantitativi delle acque di lavorazione.

Ora il sito è in trasformazione speriamo che l’ambiente e l’uomo siano sempre salvaguardati nelle scelte future. 

Trecasali Palazzo Pizzetti Sede Operativa Comune di Sissa Trecasali
Trecasali Palazzo Pizzetti Sede Operativa Comune di Sissa Trecasali

Poco distante la latteria San Luigi è l’altra latteria comunale di produzione e vendita del Parmigiano Reggiano, poco oltre la piccola Maestà dedicata al Santo.  

Giungo piuttosto affaticata a Trecasali, in documenti medievali Tres Casalis, con chiara etimologia. I 3 Casali, pur essendo vicini, erano divisi in due dalla strada della "Ghiaiaia" ora Via Nazionale: di essi il Trecasali Inferiore apparteneva ai Simonetta di Castelbarco, mentre il Trecasali Superiore apparteneva al ramo parmense della stessa famiglia. Si tratta dei Simonetta nominati da Galeazzo M. Visconti, conti di Torricella, grazie allo zio Francesco (detto Cicco) suo segretario.

Restano a Torricella e Gramignazzo due belle ville dette “Simonetta”.

Decido di andare da Carlo, per riposare un poco su qualche suo reperto del museo “Paisan i maestri della terra” situato in una delle più antiche case di Trecasali, che Carlo e la madre, appassionati collezionisti e cultori delle tradizioni contadine, hanno riempito di oggetti, documenti, libri, fotografie, vecchi abiti, giocattoli, ecc. testimoni di quella civiltà che con “l’unto di gomito” ha saputo trarre dalla terra il "pane" e a volte anche il “companatico”.

Anche Sante Cesari a Sissa, raggiunta l’età della pensione, ha iniziato a raccogliere dapprima gli strumenti del proprio lavoro di carrettiere, poi col tempo vari oggetti riguardanti i “mestieri”: fabbro, falegname, boscaiolo ecc, il tutto ben organizzato nel piccolo “Museo del passato”.

Sono attirata dalle foto riguardanti la Fiera Agricola di Trecasali. “

Sono ormai parecchi anni è stata riportata in auge con partecipazione sempre crescente di figuranti e partecipanti: un mix di lavorazioni della terra con mezzi di oggi e d’epoca, cucina tradizionale contadina, cultura e divertimento”.

San Nazzaro - Altare
San Nazzaro - Altare

Saluto Carlo e proseguo per San Nazzaro; tenere a freno i ricordi è difficile, qui ho trascorso i primi 4 anni della mia vita, Nino era uno dei due maestri della locale Scuola Elementare; ricordo Don Enzo Pasini e più di recente Don Giacomo.

La chiesa attuale, dedicata ai Santi Nazzario e Celso, risale al Seicento, è un piccolo gioiello e gli abitanti ne hanno una cura particolare.

Nella sagrestia un affresco della prima metà del Settecento e un bel credenzone coevo, nella chiesa un organo settecentesco con canne in lega d'argento di diversa altezza, ultimato nel 1726 dal frate carmelitano Giuseppe Dotti per la chiesa dei Serviti di Soragna da cui fu acquistato.

Anche qui c’è un’antica Maestà ma la mia testa ri-inizia a dondolare, eppure non vedo nulla, poi mi sovviene: la costruenda SP 33 variante San Nazzaro, nuova cementificazione: ben due rotatorie, un pezzetto di strada nuova, che devierà il traffico per quasi 50 metri, dalla vecchia strada della Maestà a via Bertolotta.

Ma le strade a monte e valle sono fortemente dissestate!

Riparto alla volta di Casalfoschino: poche case sparse ed un oratorio dedicato a San Paolino, chiuso a seguito del sisma. All’interno sia la scultura lignea al centro dell’altare che una tela ritraggono la Madonna del Carmelo.

Nel 1994, durante opere di scavo, furono scoperti resti di fornaci per laterizi di epoca post-antica in via Filippina ed anche a Sottargine.

… Abbiamo capito che i toponimi ricordano le origini, ma qui di argini non c’è nemmeno l’ombra, si riferirà all’argine del PO?

Tra le case sparse spicca l’architettura di un edificio chiamato “Castellano”, posto sull’antica via Criminala, che portava a Torricella e che, proprio qui si congiungeva con Via della Rovere Santa che da Sissa conduce a San Nazzaro. Oggi il fabbricato colonico è ridotto rispetto a quello ottocentesco; era sede di convento.

Sottargine ha dato i natali al Servo di Dio Antonio Criminali: missionario in India dove nel 1549 trovò la morte; viene ricordato come il primo martire della Compagnia di Gesù.

Sono nuovamente in vista delle torri di Sissa: la Rocca, la Chiesa e l’Acquedotto, oh!

No, la testa!... Un brutto “fungo” di cemento armato, che stona proprio fra chiesa e Rocca.

Una panchina del Parco delle rimembranze mi offre un attimo di rilassamento per la fatica fisica del viaggio … poi naturalmente un BAR!


Aggiornamenti: estate 2020 il "fungo" dell'Acquedotto è stato abbattuto da Emiliambiente