FORNACE PIZZI DI GRAMIGNAZZO
A Gramignazzo, adiacente al ponte del diavolo, si erge un alto camino in mattoni pieni, visibile sentinella della fornace Pizzi, fondata nel 1882, sinistrata durante la guerra e immediatamente riattivata la termine del conflitto. La fornace Pizzi è un raro e ancora completo esempio di Forno Hoffman "un complesso industriale per la cottura di laterizi con funzionamento in continuo, inventata da Friedrich Eduard Hoffmann.
La fornace Pizzi di Gramignazzo è stata attiva fino agli anni
Dalla fornace Pizzi partirono, nel periodo 1903-1912, via acqua (dapprima lungo il fiume Taro e successivamente il fiume Po), i mattoni per la ricostruzione del Campanile di San Marco a Venezia.
e' ora in corso il Recupero della fornace a cura dell'"Associazione La Fornace" di Gramignazzo
dal Voci n. 8/2022FORNACE PIZZI DI GRAMIGNAZZO
Un alto camino in mattoni è la prima cosa che si nota avvicinandosi a Gramignazzo: è il camino della fornace Pizzi ora sede dell’associazione “La Fornace”, centro socio culturale costituito il 24 novembre 2000 con presidente Pietro Cipriani.
In seguito al fallimento dell’ultima società proprietaria della fornace, un gruppo di cittadini di Gramignazzo e non decide di formare una società ad azionariato diffuso e di tassarsi di 1 milione di lire a testa per formare il capitale iniziale per l’acquisto dell’immobile. In poco tempo si arriva a 150 soci non tutti abitanti di Gramignazzo. L’acquisto è fatto! Passano alcuni anni e… arriva l’euro. Si prepara un progetto per il restauro conservativo per un importo di € 805.000,00 e si ottengono dalla regione € 305.000,00; altri € 100,000,00 vengono donati dal professor Viterbi. I lavori di restauro sono affidati alla cooperativa Buozzi… e a 10 persone di Gramignazzo che, come volontari, lavorano, secondo le loro competenze, di sabato e domenica per due anni. Terminati i lavori la fornace e il parco circostante diventano patrimonio a disposizione di tutti. Da allora tante manifestazioni hanno reso vivo questo pezzo di Gramignazzo: serate blues dal “Missisipi al Po”, concerti bandistici, esposizione elaborati e discussione di esami degli studenti della facoltà di architettura, tanti falò per Sant’Antonio, feste popolari, gare di corsa campestre per giovani e dopo il covid concerto degli “Explosion”.
Persone in gamba, dunque, i gramignazzesi che tanto si sono dati da fare, ma in gamba e lungimirante anche Giovanni Pizzi (nonno di Giovanni ultimo proprietario della fornace funzionante) che nel 1882 a Gramignazzo fa costruire la fornace di laterizi metodo Hoffmann. Friedrich Eduard Hoffmann inventa questa tipologia di cottura del mattone a fuoco continuo nel 1859: è uno dei primi esempi di rivoluzione industriale. La sua idea viene presentata al Salone Internazionale di Parigi nel 1867; nel 1872 sorge in Italia la fornace Fanti e… dieci anni dopo a Gramignazzo, piccolo centro della Bassa Padana, si inaugura la “Fornace Giovanni Pizzi”. La costruzione è durata qualche anno e ha dato lavoro a tante persone per la necessità di “fare a mano” i mattoni da usare. Mestiere duro, fatto dai “quadarlén” da aprile a settembre dato che ci voleva il caldo per seccare i mattoni al sole. Si lavorava a cottimo e arrivavano a Gramignazzo anche degli stagionali che si accampavano in tende o si fabbricavano piccoli casotti. Rota Cleto (bisnonno di Giacomo il falegname) è stato il capomastro per la costruzione della fornace. Qui non illustro il funzionamento del metodo Hoffmann, ma voglio specificare che il lavoro per la produzione dei mattoni ha seguito i periodi dell’industrializzazione passando da legna, carbone, vapore, fino alla energia elettrica. È l’inizio di un grande cambiamento. Nel tempo cambia anche il trasporto: dalla “bära” tirata dal cavallo, al trasporto fluviale, ai camion; la produzione aumenta e pensate… nel 1912 si forniscono i mattoni per la ricostruzione del campanile di San Marco a Venezia; nel dopoguerra una vasta tipologia di mattoni viene prodotta per la costruzione della chiesa progettata dall’architetto Vacca.
La fornace Pizzi è l’identità caratterizzante di Gramignazzo come il “ponte del diavolo”: la è stata nel tempo passato dando lavoro a tante persone e la è anche ora che ha acquistato nuova vita grazie ai suoi abitanti.
FAMIGLIA PIZZI
Don Giuseppe Pasini diceva che i Pizzi sono arrivati a Gramignazzo come militari al seguito dei Conti Simonetta:
Cap. Battista Pizzi – 1752-1843 - Giovanni Pizzi – 1830-1894 - Odoardo Pizzi – 1858-1925
dal matrimonio di Odoardo con Anna Piletti nascono: Elena, Giovanni e Rolando.
Giovanni sposa Edvige Massari e nel 1927 fa costruire la villa nel centro del paese su progetto dell’architetto Mario Vacca. Da loro nasce Odoarda (Dada).
(Grazie ad Arnaldo e Tiziano per le preziose informazioni)
Tutto ebbe inizio nel 1882 quando Giovanni Pizzi fece costruire la fornace di laterizi a Gramignazzo.
Gli iniziali lavori di scavo interessarono tutto il terreno attorno alla corte Pizzi e l’antistante podere fu trasformato in un'immensa cava, al cui centro campeggiava la "pozza”, un grande pozzo per l'approvvigionamento dell'acqua.
La costruzione della Fornace durò qualche anno. Giacomo Rota, maestro falegname di Gramignazzo mi diceva: “la Fornace l'hanno costruita i miei Vecchi”; mastri muratori da diverse generazioni, curarono la costruzione della Fornace il bisnonno Rota Cleto e il nonno Donnino.
Fabbricare mattoni a mano era un mestiere molto duro, per i “quadarlen” (operai) era un lavoro stagionale, andava da aprile a settembre a seconda della stagione; con l'arrivo dei primi freddi si smetteva la produzione, il sole era elemento fondamentale per l'asciugatura dei mattoni.
Si lavorava a cottimo e vi lavoravano intere famiglie, alcune del luogo ed altre che venivano da fuori.
Quelli che venivano da lontano si accampavano in tende nei pressi della Fornace o si fabbricavano dei piccoli casotti con mattoni a secco e vivevano lì per tutto il periodo della stagione.
Si iniziava a lavorare all'alba, in una buca si preparava l'impasto con acqua e terra precedentemente scavata da altri operai, si girava e rigirava con una grande zappa finché non si otteneva un impasto omogeneo, da poter lavorare con le mani, poi l'impasto di argilla veniva messo su un bancone, spolverato di sabbia.
Il panetto pressato con le mani veniva messo in uno stampo di legno bagnato e insabbiato, per finire una rasata manuale per livellarlo e una spolverata di sabbia, il mattone era fatto!
Sopra la testa degli operai un telo steso li proteggeva dal sole durante il processo di lavorazione.
Spettava alle donne e ai ragazzi portare via gli stampi e vuotarli in una grande aia preparata e livellata, cosparsa di sabbia.
Con un abile colpo di mano si vuotava lo stampo, allineando i mattoni in fila come tanti soldatini.
Quando, finalmente, erano abbastanza duri per poterli trasportare si caricavano su una carriola e si portavano all “bdai”: tettoie strette e lunghe con sopra una copertura di coppi; ai due lati vi erano appese delle stuoie di canne palustri che venivano arrotolate in alto e fatte scendere a terra in caso di pioggia.
Completata l'asciugatura, i mattoni venivano accatastati nella Fornace; il fuoco era alimentato con fascine di legna e si doveva accendere e spegnere ad ogni infornata.
Nel 1858 il berlinese Friedrich Hoffmann, fece brevettare un nuovo tipo di Fornace a fuoco continuo, che presentò all'esposizione internazionale di Parigi del 1867.
Era una fornace fatta ad anello, con 12 camere, una ciminiera al centro, il fuoco, alimentato con il carbone tritato, avanzava man mano che il materiale si cuoceva, il lavoro era continuo, perché le camere che erano state abbandonate dal fuoco venivano scaricate e subito ricaricate.
Le prime fornaci erano di forma circolare, divenendo in seguito ad anello allungato; modifica che consentì un aumento delle camere di cottura.
La fornace di Gramignazzo fa parte delle prime costruite in Emilia Romagna. Le date che si ricordano sono: Guastalla 1873, San Giovanni Marignano 1880, Gramignazzo 1882, Forlimpopoli 1883, Castellarano 1885. In Emilia Romagna sono state censite una quarantina di queste Fornaci, ma la costruzione per la maggior parte di esse risale ai primi anni del 900.
Le prime macchine per la formazione dei mattoni furono inventate nello stesso periodo dei forni Hoffmann, però da noi arrivò solo all'inizio del 900.
A Gramignazzo, la macchina dei mattoni è stata impiantata dopo la Grande Guerra, azionata da una macchina a vapore.
Verso la metà degli anni venti arrivò a Gramignazzo la corrente elettrica, la macchina a vapore fu sostituita da un grosso motore elettrico, e questo segnò l'inizio di un grande cambiamento: diverse operazioni che prima erano fatte a mano, come il pompaggio dell'acqua e la macinatura del carbone, furono sostituite dai motori elettrici.
Pian piano si aumenta la produzione, si iniziarono a fare anche mattoni forati e fu innalzata la ciminiera per aumentare il tiraggio della Fornace.
I trasporti del carbone e dei mattoni che prima erano fatti con carretti trainati da cavalli “la bara” e per via fluviale per mezzo di barconi “Magane” dagli anni trenta incominciarono a essere sostituiti dai camion e carri ferroviari.
Negli anni 60 fu sostituita la macchina dei mattoni con una più grande, ci si avviava a una produzione più standardizzata, i mattoni pieni a macchina e a mano rimangono una produzione limitata.
Con la macchina si producono quasi esclusivamente “doppioni” un doppio mattone con 21 fori.
Furono acquistati una pala meccanica per movimentare la terra, un muletto per caricare i camion, e le carriole furono sostituite con carrelli a trazione elettrica, cambiò anche l'alimentazione del fuoco della Fornace il carbone fu sostituito con la nafta.
Con l'aumento della produzione la cava lungo la riva del Taro si esaurì, vennero così acquistati dei terreni nella golena a nord di Gramignazzo, venivano scavati meccanicamente e la terra trasportata alla Fornace con grossi camion.
Nel 1965 morì Giovanni Pizzi, sola erede la figlia Odoarda, che non è in grado di portare avanti il lavoro del padre, la direzione dell'azienda fu affidata al ragioniere della ditta Aschieri; i tempi erano però molto cambiati ed anche i problemi erano tanti, l'azienda avrebbe avuto bisogno di grandi ammodernamenti, invece sì continuo ad andare ancora avanti così per alcuni anni, e nel 1972 la Fornace chiuse definitivamente.
L’iter fallimentare della società finanziaria si protrae per diversi anni, la Fornace messa all'asta diverse volte non viene acquistata, nel 2000 è offerta a prezzo appetibile, con il pericolo che possa essere demolita dai nuovi acquirenti.
Un gruppo di gramignazzesi si mobilita, fa una riunione, invitando le famiglie di Gramignazzo, amici e conoscenti del comune e anche di fuori.
Alla riunione eravamo in tanti agli intervenuti è stato proposto di formare una società ad azionariato diffuso per acquisire La Fornace e salvarla. La risposta è stata positiva, in poco tempo sono stati raccolti circa 150 soci e nel dicembre 2000, davanti al notaio, nasce la società “La Fornace” con presidente Pietro Cipriani e così viene acquistata l'antica fabbrica di mattoni.
In seguito nel terreno a fianco è stata creata una bella area verde e recuperato lo storico fabbricato industriale ottocentesco
È formato da due gallerie di larghezza variabile a seconda della capacità produttiva, generalmente da 2,3 m sino a 4,6 m, con volta curva o piana in materiale refrattario. Le gallerie sono affiancate e chiuse durante il funzionamento da portoni, e collegate da una apertura su ciascuna delle testate, in modo da permettere il passaggio dei gas da una galleria all'altra.
Il forno è diviso idealmente in quattro zone la cui funzione è dettata dalla posizione dei bruciatori: zona di carico/scarico del prodotto secco/cotto, zona di preriscaldo, zona di cottura vera e propria, zona di raffreddamento.Il sistema di funzionamento è caratterizzato dal fatto che la zona di combustione formata da bruciatori a gas, olio pesante o carbone si muove orizzontalmente, con lo spostamento dei bruciatori seguendo un movimento antiorario; allo stesso modo un sistema di valvole che collegano le quattro zone al camino dei fumi consente un movimento orario dell'aria di raffreddamento verso la zona di cottura, poi verso la zona di preriscaldo e infine verso il camino; la carica del materiale resta ferma.
Il caricamento del materiale all'interno del forno ed il prelievo del prodotto cotto possono essere eseguiti manualmente, come nelle vecchie fornaci per cotto fatto a mano, oppure con l'impiego di un carrello elevatore.
Questo tipo di forno, vista l'impossibilità di automatizzare le operazioni di carico e scarico, trova oggi scarsa applicazione in quanto è sostituito dal più moderno ed efficiente forno a tunnel; esistono tuttavia alcune fornaci, in particolare per la produzione di mattoni in cotto fatto a mano nelle zone di Ferentino (Lazio), Castel Viscardo (Umbria) e Rovigo (Veneto) che ne fanno ancora uso." da wikipedia