Santuario Madonna delle spine

In Località Borgonovo di Sissa Trecasali

Il piccolo Santuario, immerso nel verde della campagna della Bassa, a mezza strada tra Borgonovo e Gramignazzo, tra il Taro e il Po, testimonia la storia del costume, della cultura e della fede umile e schietta della gente padana, insieme alle Maestà situate agli incroci delle strade ed eseguite in momenti di particolare sofferenza, di disagio o di ringraziamento per un voto o promessa: rivelano l’intima necessità dell’uomo di sentire Dio vicino, a due passi dai campi o dalla casa e sono manifestazioni di fede.

Frequente, quindi, in questi luoghi, è la raffigurazione della Madonna col Bambino come una Madre rassicurante per chi soffre o ha bisogno di aiuto (Don Enrico Dall’Olio, IL SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE SPINE, 1982).

Maria occupa un posto di primaria importanza nel dogma cattolico: è la madre di Gesù, Verbo fatto uomo, e quindi è “Madre di Dio”. È considerata “corredentrice del genere umano” in quanto concorse, come causa strumentale, alla redenzione e quindi divenne mediatrice universale di tutte le grazie elargite agli uomini. Le Litanie della Vergine o il Cantico dei Cantici forniscono alle immagini di Maria poetici nomi e tipologie: Madre allattante, Maria col Bimbo dormiente, Madonna dell’umiltà etc.

 

 

Fuori dall’abitato, nascosta tra il cupo fogliame dei pioppi e dei cipressi, sorge il “Santuario di Santa Maria delle Spine”.

 

Il tempietto, che si raggiunge percorrendo strade piccole e tortuose affondate nel verde della campagna sissese, esisteva in altra forma sin dal 1489, ma non esistono documenti che possano certificare la data. Si ritiene che precedentemente esistesse una maestà o un’edicola di modeste dimensioni con l’immagine della Madonna col Bambino, edificata da un possidente del luogo. 

 

Non risulta facile individuare con sicurezza le fasi di trasformazione che hanno determinato le caratteristiche architettoniche dell’attuale tempietto, di evidente impianto settecentesco.  

Probabilmente l’iniziativa costruttiva è attribuibile ai fratelli Giovanni Battista, Francesco e Bartolomeo Bonesi, che risultano possessori dell’immobile sin dal 1763, anno in cui si presume venisse collocata sulla parete prospiciente l’ingresso, l’immagine della Vergine.

Elevati i muri, l'11 Aprile 1763, il costruendo edificio venne donato al Vescovo di Parma.

Il Santuario poggia su una pianta ottagonale certamente da attribuire alla chiesa precedente. 

Anche il dipinto all'altare con Madonna e Bambino risale probabilmente al XV secolo, ma è stato ridipinto in gran parte negli anni del rifacimento settecentesco della chiesa. 

La stessa cupola fu ripassata nel XIX secolo, nono decennio. 

Foto D. Aldigeri
Foto D. Aldigeri

Vi si accede da un portale, sormontato da un rustico rosone affiancato da due finestre che ripetono, nella sagoma, lo stesso motivo che sovrasta l’ingresso.

La porta d’accesso, in noce sgorbiato, presenta pannelli intagliati in stile francese, tipico del Settecento parmense, che richiamano quelli eseguiti dagli artigiani (attorno a Marc Vibert, intagliatore francese del Settecento) per il Palazzo Ducale di Colorno. 

 

Inaugurato nel 1886 fu dichiarato successivamente Santuario con decreto del 12 ottobre 1899 “per dare impulso alla devozione ed accrescere il numero dei pellegrinaggi”.

 

Il tempio si sviluppa in altezza a forma di prisma a base ottagonale, rinforzato negli spigoli da timidi contrafforti.

 

All’interno, sull’altare, un’ancona di fine Settecento con elegante cimasa incornicia un affresco cinquecentesco raffigurante la Madonna avvolta da manto azzurro, colore celestiale e abito rosso, colore terreno, assisa su nubi, in atto di sorreggere in grembo il Bimbo che stringe nella mano destra un rametto di spine. Alcune testine d’angeli spiccano sullo sfondo bruno.

 

Non si conosce l’origine del dipinto né il suo autore, anche se ha caratteri propri della pittura emiliana del Cinquecento, mentre le testine d’angeli paiono aggiunte o ridipinte successivamente, nell’ ottocento, in occasione di restauri eseguiti dal pittore Don Francesco Tadé. Anche la decorazione rococò della cupoletta venne ripassata nel 1886.

 

In origine l’immagine era collocata sulla parete di un’edicola fatta costruire, nel campo di sua proprietà, da un certo “Mastro Achille”, a cui è dedicata la via al Santuario stesso. Nel XVIII secolo, l’edicola, venne trasformata in Oratorio grazie a una donazione dei fratelli Bonesi al vescovo di Parma che ne affidò l’amministrazione al Prevosto di Sissa.

Numerosi furono i pellegrinaggi e le grazie ricevute dai fedeli che testimoniano l’antica venerazione verso la taumaturgica immagine. Molto devoto alla Madonna fu, nel Cinquecento, il sissese padre Antonio Criminali (1520-1549), protomartire della Compagnia di Gesù in India.  Pellegrinaggio storico fu quello di Monsignor Agostino Chieppi, Protonotario Apostolico e Canonico Teologo della Cattedrale di Parma, fondatore delle Piccole Figlie dei SS. CC. Che collaborò alla restaurazione del culto al Santuario nel 1880.

Tutti questi elementi spinsero il vescovo Mons. Francesco Magani a conferire, il 12 ottobre 1899, il titolo di Santuario all’Oratorio della Madonna delle Spine.

Numerose grazie sono testimoniate, in seguito, dal parroco Don Pischiutta (parroco dal 1893 al 1906) che descrive anche la presenza di una sorgente d’acqua ritenuta miracolosa e di un pozzo a cui i pellegrini attingevano.

Nel secolo scorso fecero visita al Santuario il vescovo tanzanese Monsignor Mabula e il bardigiano Cardinale Samorè al quale è intitolato il busto in bronzo eseguito nel 1987 dall’artista Iucci Ugolotti, posto a lato dell’ingresso.

Il “Comitato della Madonna delle Spine” ha promosso negli anni Settanta il rimboschimento del Parco e il restauro della casa adiacente al Santuario, promuovendo varie manifestazioni a carattere spirituale, culturale e sportivo.

Nel 1981 La Madonna delle Spine di Sissa è stata dichiarata, da Papa Giovanni Paolo II, Patrona dei donatori di sangue della provincia di Parma. Una tela ad olio eseguita dall’artista Dini, con l’immagine della Madonna e dei donatori, è stata benedetta dal papa in udienza particolare.

 

Madonna delle Spine è stata designata quale Patrona del Comune fuso di Sissa Trecasali

 

Nel 1981, Giovanni Paolo II proclamò Madonna delle Spine "Protettice dei Donatori di Sangue della Provincia di Parma".

 

Madonna delle Spine è stata scelta quale Santa Patrona dal nuovo Comune di Sissa Trecasali,  si festeggia il 18 settembre


LA MADÓNA DI SPÉN

 

Luntan dal mond, smingà dal temp

a gh’è un cantòn ad tèra armästa incantäda,

sensa castèj, né mür e cimént,

che la Bäŝa Padäna la s’è tgnida lugäda.

Un spigul ad tèra da pòĉ,

sulament cól ch’aĝ ven:

‘n òpi, ‘na séza, dü bròĉ

e un fòŝ circundà da rübén.

Tra sintér, camp e tèra aräda,

piena ad cürvi e in fonda dü pén,

sa stenda ‘na sträda graräda

ch’a pòrta ala Madòna di Spén.

Un santuäri pien d’ümiltà,

picén, sensa tóri e campäni.

A l’altäri, un lümen sempar pià

al fa lüza a tre viöli paiŝäni

e in-t-al quädar, in-t-al mür pitürà,

la Madunéna la bräŝa al Bambén

e la prega cum imensa buntà

par spuntär e limär i nòstar spén.

 

LA MADONNA DELLE SPINE

 

Lontano dal mondo, scordato dal tempo,

c’è un angolo do terra rimasta incantata,

senza castelli, né muri e cemento,

che la Bassa Padana si è tenuta nascosta.

Uno spigolo di terra da poco,

solamente quello che vi cresce:

un olmo, una siepe, due rami

e un fosso circondato da robinie.

Tra sentieri, campi, terra arata,

piena di curve e in fondo due pini,

si snoda una strada ghiaiata

che porta alla Madonna delle Spine.

Un santuario pieno di umiltà,

piccolo, senza torri e campane.

All’altare, un lumino sempre acceso,

da luce a tre viole paesane

e nel quadro, dipinto sul muro,

la Madonnina abbraccia il bambino

e prega con immensa bontà

per spuntare e limare le nostre spine.

 

                                     Tratto da “I racconti di Oscar” di Mauro Adorni


Beppe Gualazzini: Tre uomini in po meglio tacer del cane
Beppe Gualazzini: Tre uomini in po meglio tacer del cane

“...Oppure fu il Santuario a rasserenarci. Sembra fatto apposta per calmare la gente. E’ il più piccolo e il più quieto del mondo.

 

Ha seicento anni e consiste in una minuscola cappella ottagonale sperduta fra filagni di vite e campi di grano. Le corre attorno una stradina bianca di polvere.

 

Dalle case coloniche, vien l’eco del chiocciare delle galline e, da oltre i pioppi, il brusio del Taro che, serpeggiando, le circoscrive gran parte dell’orizzonte.

 

Dentro, affrescata, c’è una Madonna casalinga, occhi grandi, abiti da lavoro.

 

Ti accoglie come se aprisse la porta di una cucina di campagna pregna di fragranza e di odori di pane e bucato. Ha in braccio un piccolo Gesù, tra le mani, un gambo di spine.

 

Tu entri.  Ti siedi.  Posi lì tutte le tue spine. ...”