Nel tempo le piene del Taro hanno fatto sentire la loro forza distruttiva.

Una delle alluvioni più disastrose è stata sicuramente quella dell'8 novembre 1982, quando l'acqua del fiume Taro uscita dagli argini irruppe con tutta la sua forza contro il ponte ferroviario della linea Milano - Bologna abbattendo tre giganteschi piloni. Fortunatamente nessuna vittima. Anche i binari della ferrovia si erano accartocciati come giocattoli di latta, e il traffico ferroviario subì una brusca interruzione.

Problemi anche nelle abitazioni dei comuni in prossimità con la confluenza del Po, come Sissa e Trecasali dove l'acqua aveva raggiunto anche i piani alti delle case.

Nessuna vittima fortunatamente, ma tanta paura per quel camionista rimasto in bilico con il suo autotreno sul ponte che collega Fornovo con Ramiola, spezzato letteralmente in due dalla piena. Ma il problema più grosso rimaneva la riattivazione della linea ferroviaria. A dicembre dello stesso anno, le arcate crollate erano già in piedi, la linea ferroviaria riattivata e i treni ritornarono a sfrecciare sul ponte.

 

I disastri maggiori sono stati sicuramente quelli provocati dal grande fiume che più volte ( fra le più gravi quelle del l 1976 e 1984) ha rotto gli argini nelle zone di Polesine, Roccabianca, Colorno, Zibello, isolando per giorni centinaia di famiglie, obbligate a traslocare cose e oggetti ai piani alti delle loro abitazioni e ad usare la barca.

Migliaia di persone impegnate giorno e notte a rinforzare gli argini con pesanti sacchi di sabbia. Ma anche le piene del Taro hanno fatto sentire la loro forza distruttiva.

 

l'alluvione del novembre 1982 dopo un secolo e più dall'ultima disastrosa alluvione, il Taro ritornò la notte del 8 novembre 82 a seminare il panico, disperazione e desolazione non che danni ingenti nella bassa. ilsole24ore caddero 324 mm di pioggia pari alla metà di 40 in genere ne precipita in un intero anno. centri popolosi come Trecasali Sissa Roccabianca furono allagati dopo che il Tar lo aveva rotto gli argini punto con il passaggio della piena si interruppero progressivamente le comunicazioni prima quelle telefoniche poi gli assi stradali di collegamento. il piano di emergenza scattò tempestivamente ma con una certa difficoltà organizzativa poiché le notizie arrivavano via radio in modo frammentario malgrado l'operosità dei radioamatori. ascissa si insediò il centro operativo dove furono messi a disposizione dei senzatetto e delle squadre di soccorso gli edifici della scuola media e della casa di riposo punto da parte dei vigili del fuoco, polizia, soci del club Alfa matta e parmasub vennero impiegati i mezzi anfibi, gommoni, fuoristrada ed anche elicotteri.

Nelle località più colpite Trecasali, Palasone, Copezzato numerose famiglie rimasero completamente isolate, molti si rifugiarono ai piani alti degli edifici ed altri dovettero appollaiarsi sui tetti in quanto l'acqua, e molti punti e, aveva raggiunto e superato i 2 m.

…La crisi alluvionale durata più di 48 ore si ricompose gradualmente con il progressivo ritirarsi delle acque. L'aiuto dei militi dell'assistenza pubblica di Parma della croce Rossa dei medici del gruppo emergenza sanitaria e di tutti gli organi pubblici preposti si fece più razionale e contribuì, con genere di conforto, medicinali, disinfettanti e cibarie alla reazione tempestiva e costruttiva della popolazione che se in queste occasioni ha contraddistinto. venerdì 12 novembre le acque defluiscono lentamente nell'alveo del Taro lasciando un ampio territorio devastato argini corrosi, Ponti pericolanti, carcasse di animali ma fortunatamente nessuna vittima umana.

L'allora ministro della protezione civile onorevole zamberletti è il presidente della Regione emilia-romagna Turci vennero in visita alle zone oggetto del disastro sorvolando le in elicottero.

Con i primi giorni di normalità iniziarono i primi bilanci dei danni carogne di animali bovini e suini il numero di quattrocento furono portate alla discarica di Torrile e interrate con più di 50 quintali di calce

 

I maggiori danni furono quelli subiti da opere pubbliche, immobili e terreni sommersi e travolti dalla violenza delle acque e poi invischiate nella melma e nel fango residui. Al punto che, solo per la valtaro, furono allora stimati danni per oltre 63 miliardi di lire.

 

fonte Enzo Giuffredi cronache di trecasali ed. 1997