Antonio Criminali

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 30 (1984)

di Matteo Sanfilippo

Secondo i suoi biografi nacque a Sissa (Parma) il 7 febbr. 1520 da famiglia benestante.

Si sa poco della sua infanzia e dei suoi studi: gli agiografi ne ricordano la devozione alla Madonna, i buoni costumi e un soggiorno nella vicina Parma, allora feudo dei Farnese, per completare la sua preparazione. A Parma il C. fu presentato da un suo compaesano, il sacerdote Giovanni Pezzana, al padre Pietro Fabro, uno dei primi compagni di Ignazio di Loyola.

In quel periodo l'opera del Fabro conosceva a Parma un certo successo e numerosi giovani chiedevano di entrare nella Compagnia di Gesù: il C. non fu tra questi.

Nel settembre 1541, dopo la partenza del Fabro da Parma, il C. si diresse a Roma in pellegrinaggio e si presentò a Ignazio di Loyola, ma dovette quasi subito tornare a Sissa dal padre gravemente malato. Il padre si riprese, e il C. poté tornare a Roma.

Nel 1542, quando era già suddiacono, venne ammesso fra i novizi scolastici della Compagnia e fu inviato in Portogallo, dove fu ordinato sacerdote nel 1544.

Poco tempo dopo gli fu ordinato di imbarcarsi per l'India, dove già da alcuni anni il gesuita Francesco Saverio era impegnato nel tentativo di convertire gli indigeni. Una tempesta impedì un primo viaggio verso l'India: soltanto nel 1545 il C. riuscì a partire sul bastimento che portava in India il nuovo governatore portoghese. Il C. e i suoi compagni di viaggio sbarcarono sull'isola di Goa, una base portoghese dove aveva sede la diocesi. Qui il C. si presentò al collegio della Santa Fede, fondato e diretto dai gesuiti per la formazione del clero indigeno, e prestò la sua opera come portiere e sacrestano.

Verso la fine del 1545 o all'inizio del 1546 il C. fu inviato ad aiutare Francesco di Mancias, un compagno di Francesco Saverio, nelle missioni della costa della Pescheria, attuale Deccan: qui alcune migliaia di pescatori di perle si erano convertiti sperando di essere protetti dalle razzie delle popolazioni dell'interno di religione musulmana. Il C. divenne il superiore della missione del Capo Comorino e tentò di organizzarla dividendone il territorio in modo di avere ogni venti leghe una stazione missionaria, cioè una residenza con una piccola chiesa.

Ogni mese il C., che aveva parzialmente appreso la lingua locale, percorreva a piedi tutto il territorio della sua missione. Seguiva quindi fedelmente il metodo adottato da Francesco Saverio per convertire gli indigeni: li istruiva insegnando loro il Credo e i comandamenti inframmezzati da preghiere battezzava chiunque dichiarasse di credere, sperando che la "grazia" del battesimo perfezionasse l'opera di conversione cercava di convertire dei fanciulli per servirsene come apostoli fra gli adulti.

Il C. si guadagnò gli elogi di Francesco Saverio e nel novembre del 1547 venne insignito da Ignazio del grado di coadiutore spirituale della Compagnia.

Il suo apostolato durò in tutto poco più di tre anni. Nel maggio del 1549 alcuni soldati portoghesi provocarono le ire delle popolazioni dell'interno, che assalirono la residenza missionaria di Punicale (attuale Punnaikayel).

I Portoghesi fuggirono: il C. venne ucciso, mentre favoriva la fuga via mare dei suoi fedeli. Tradizionalmente viene accettata come data della sua morte il 26 maggio 1549.

Il C. divenne così il primo martire della Compagnia di Gesù: attore e vittima di uno dei primi tentativi dei gesuiti di penetrare nel mondo indiano. Il suo sforzo di apprendere la lingua locale aprì la strada ai successivi tentativi di comprendere il mondo indiano per superare l'ingenuità e i fallimenti dei primi missionari.

La sua vita fu ben presto ricordata nelle lettere dei suoi successori e di altri missionari come esempio di virtù cristiane e di coraggio di fronte alla morte.

Quale primo martire della Compagnia di Gesù fu ricordato anche dal Ribadeneyra nell'edizione della sua nota vita di Ignazio di Loyola apparsa a Madrid nel 1583 e dal Torsellini nella vita di Francesco Saverio apparsa pochi anni dopo.

Si interessarono alla morte del C. anche il Polanco, segretario della Compagnia durante il generalato di Ignazio, e il padre Orlandini, primo vero storico della Compagnia stessa.

Agli inizi del sec. XVII si era ormai così formata una salda tradizione sulla vita e il martirio del C., tradizione continuamente arricchita nel corso del secolo.

Ormai il vero problema non era più quello della vita del C., quanto quello della sua "fortuna" e dell'uso fattone dalla Compagnia di Gesù. Il C. ebbe un posto d'onore nei vari menologi e nelle vite dei martiri della Compagnia: la sua biografia anzi fu arricchita con il ricordo di alcune apparizioni miracolose.

Fu citato nelle opere principali sulla storia della Compagnia: in particolare fu ricordato dalla storia della penetrazione dei gesuiti in Asia di Daniello Bartoli. Fu infine anche ricordato in alcune vite di santi uomini e opere di devozione scritte nella sua provincia nativa: gli fu persino attribuito da alcuni autori il titolo di venerabile e beato.

Nel sec. XVIII e nella prima metà del XIX fu menzionato soltanto in alcuni menologi, ma verso la fine dell'Ottocento alcuni sacerdoti di Parma tentarono di ottenerne la beatificazione. Il padre Massara della Compagnia di Gesù raccolse in un memoriale le prove per la canonizzazione del C., i comitati cattolici di Parma gli dedicarono un supplemento del loro giornale.

Contemporaneamente la Compagnia di Gesù riprendeva in grande stile la sua attività missionaria in Asia: il C. venne riproposto all'attenzione dei fedeli e dei missionari quale primo martire dei gesuiti e simbolo dei loro sforzi e dei loro sacrifici per la diffusione del Cristianesimo.

La figura del C. poté così godere anche dell'attenzione di noti studiosi, quali i padri Tacchi Venturi e Schurhammer: di fatto la sua biografia costituiva ormai più un problema storiografico che un problema storico.

 

Fonti e Bibl.: Le uniche testimonianze di mano del C. a noi pervenute sono le sue lettere ai famigliari e a Ignazio di Loyola:

per le prime vedi G. Schurhammer, Leben und Briefe A. C.'s des Erstlingsmärtyrers der Gesellschaft Jesu von P. Valmerana, in Arch. Societatis Iesu, V (1936), pp. 231-67

per le seconde, R. Streit, Bibliotheca Missionum, IV, Asiatische Missionliteratur 1245-1599, Aachen 1928, pp. 140, 150 G. Schurhammer, Die Zeitgenossischen Quellen zur Geschichte Portugiesisch-Asiens und seiner Nachbarländer. Zur Zeit des Hl. Franz Xaver (1538-52), Leipzig 1932, pp. 82, 266 C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, Louvain 1960, p. 185.

Per le lettere di alcuni missionari sul C. si veda: Monumenta Xaveriana, II, Matriti 1912, pp. 800 s., 961 s. R. Streit, Bibliotheca missionum, pp. 156, 159, 162, 165-69, 171, 177, 237 G. Schurhammer, Die Zeitgenossischen Quellen..., pp. 279, 286, 288, 293, 303, 325, 461, 465.

Per le opere successive sulla Compagnia, che ricordano anche il C., si veda: P. de Ribadeneyra, Vita di sant'Ignazio di Loyola, Milano 1947, pp. 282-84 G. A. Polanco, Chronicon Societatis Iesu, I, Madrid 1891, pp. 469-71 O. Torsellini, De Vita Francisci Xaverii, Romae 1596, pp. 155 s. N. Orlandini, Historiae Societatis Iesu, I,Ignatius, Antuerpiae 1620, pp. 65, 210 5. B. Tellez, Chronica da Companhia de Jesu na Provincia de Portugal, I, Lisboa 1645, ff. 221-228 D. Bartoli, Dell'istoria della Compagnia di Gesù. L'Asia, II, Firenze 1835, pp. 19-42.

Per i menologi e le vite di martiri nei quali è menzionato anche il C., vedi R. Pico, Teatro de' santi e beati della città di Parma, Parma 1642, p. 463 G. Rhò, Variae virtutum historiae, Lugduni 1644, pp. 349, 696-697 J. Nadasy, Annus dierum illustr. Societatis Iesu, Romae 1657, pp. 43-47 P. Alegambe, Mortes illustres, Romae 1657, pp. 5-9 G. A. Patrignani, Menologio di pie mem. d'alcuni religiosi della Compagnia di Gesù, II, Venezia 1730, pp. 183-186 J. Drews, Fasti Societatis Iesu, Pragae 1750, pp. 160-61.

Per gli studi più recenti, del P. A. C., parmigiano, protomartire della Compagnia di Gesù, Mem. raccolte dal P. Massara, Parma 1898 E. Massara, Nuove mem. e preziosi docum. del P. A. C., in Lettere edificanti della Provincia veneta della Compagnia di Gesù, Venezia 1900, App. J. B. Dessal, Où a été martyrisé le Vénerable A. C., Trichinopoly 1905 F. Hilt, Compagnons d'apostolar de Saint François Xavier, Ho-kien-fou 1917 G. Schurhammer, A. C., der erste Märtyrer der Gesellschaft Jesu, in Die Katholischen Missionen, XLVII (1918), pp. 6-8 J. Castets, The Venerable A. C. Successor of St. Francis Xaver on the Indian Mission and first martyr of the Society of Jesu, Trichinopoly 1926 P. Tacchi Venturi, Le case abitate in Roma da sant'Ignazio di Loyola, Roma 1899, p. 35 Id., Storia della Compagnia di Gesù in Italia, I, Roma 1922, p. 252 Id., I Portoghesi e Paolo III per la diffus. della civiltà cristiana nelle Indie e nell'Estremo Oriente, in Relazioni storiche fra l'Italia e il Portogallo, Roma 1940, pp. 359-374 Encicl. Ital., XI, p. 900.