Nessun documento scritto testimonia l’esistenza della nostra chiesa prima del 1000, ma tracce visibili (colonna in cotto a sinistra entrando) fanno pensare a un edificio precedente a questa data.
La prima citazione della nostra Chiesa si trova in un atto del 31 gennaio 1182 nel quale si afferma “Ego Albertus Notarius dedi tenutam praedictae venditionis per funes campanarum Ecclesiae de Sissia et per castellum de Sissia Canonicis predictis”. Dopo questa troviamo varie altre citazioni in atti del XIII e XIV secolo.
Curioso è il fatto che nel 1230 la nostra chiesa appartenesse per metà al Vescovo e per metà al monastero della Rocchetta la cui casa madre, San Ruperto, era al di là dei monti. (Ecclesia de Sisia S.Mariae de Sisia quae est per medietatem Rocchettae per aliam medietatem D.ni Episcopi).
È interessante notare che la Parrocchia, forse a causa delle due competenze già citate del vescovo di Parma e del monastero della Rocchetta, sin dal 1230 era retta da tre Curati e da un capo che aveva il titolo di Prevosto. E ciò continuava ancora nel 1715 poiché durante la visita pastorale del vescovo Mons. Marazzani era stato scritto: “il Prevosto presiedeva alla cura della villa di Casal Foschino”, “il Curato, dal titolo di San Giovanni Battista, alla terra di Sissa, cioè al castello e alla villa maggiore”, “il Curato dal titolo di San Nicolò, alla villa di Borgonovo”.
Sopra quell’antica Chiesa nel 1459 il sacerdote Apollonio Terzi ed i suoi fratelli, proprietari del castello e signori di Sissa, edificarono un’altra Chiesa ampliando la precedente.
Dai fratelli Terzi vennero anche donati alla Chiesa di Sissa sei benefici “…onde si potessero fare nella detta chiesa e divotamente i divini uffizi.”
Altro dono della famiglia feudataria di particolare importanza artistica e storica è una croce astile di argento sbalzato su entrambe le facce datata 1547, opera attribuita ai Da Gonzate argentieri in Parma del XV e XVI secolo.
In seguito gli stessi fratelli porsero una supplica al Vicario Stadiani, Vicario del Vescovo Delfino Della Pergola, perché approvasse il “consorzio degli uomini e delle donne” che si intendeva insediare nella cappella della Annunciazione di Maria Vergine. Il Vicario approvò l’istituzione di detto consorzio il 28 dicembre 1459.
Della Chiesa fatta costruire dai fratelli Terzi rimane la pregevole torre campanaria in stile romanico, dotata di un concerto di otto campane in LA maggiore che ne fa uno dei campanili acusticamente più dotati di tutta la zona rivierasca parmense.
Della stessa epoca rimangono un affresco raffigurante “Madonna con Bambino” (staccato probabilmente dalla sua sede originaria nella prima metà del settecento) applicato nella prima cappella della navata sud e restaurato nel 2007 e resti di un affresco (difficilmente visibile, forse facente parte della stessa composizione da dove deriva il precedente) posto in una fessura fra il primo pilastro di destra entrando e il pilastro di sostegno della torre campanaria e raffigurante “angelo con folla orante”.
La struttura attuale del tempio è settecentesca. L’interno è a tre grandi navate divise da sei pilastri quadrati per lato. L’allineamento della Chiesa, est-ovest, è caratteristico dei dettami liturgici medioevali. Netta è la differenza stilistica fra il campanile romanico ed il resto della costruzione, la facciata è quasi completamente nascosta alla vista da una costruzione ottocentesca che forma un ingresso coperto con accesso a tre fornici. Pure l’abside è parzialmente coperta da una bassa costruzione ottocentesca.
All’interno su entrambi i lati sono inserite le cappelle (quattro sul lato nord, tre sul lato sud).
Navata sud:
-“Cappella di San Giuseppe” – non presenta particolari pregi artistici.
-Sopra la porta laterale sud - Dipinto “San Cristoforo con il Bambino sulle spalle e il Cristo che cammina sulle acque” – opera dapprima attribuita a Paolo Ferrari, ma recentemente attribuita a Jean Soens, della prima metà del settecento.
Navata sud:
-“Cappella di Santa Lucia” – sul ricco altare formato, da ripiani sfalsati, è posta a corredo della pregevole statua lignea della Martire una monumentale cornice dorata, formata da un larghissimo intreccio di rami, foglie e cherubini di ridondante matrice barocca. Purtroppo oggi si può solo ammirare amputata, per i furto degli angioletti che coronavano la parte intermedia e il fastigio.
Navata sud:
-“Cappella della Madonna delle grazie o della misericordia” – in essa si trova un delicato affresco raffigurante la Vergine col Bambino in atto benedicente. L’opera ci è stata lasciata da un anonimo, ma valente autore del secolo XV. Il manto blu in netto contrasto con la veste rossa, le aureole d’oro della Madonna e del Bambino sullo sfondo di una nicchia gotica riccamente decorata, la candida veste di Gesù Bambino offrono un esempio di composizione quattrocentesca di notevole pregio artistico. Quest’opera già strappata dalla sua sede originale e trasferita in questa cappella probabilmente alla metà del settecento, aveva subito nel tempo un forte degrado ed è stata restaurata, come la cappella, nel 2007 grazie al generoso intervento del C.I.F. locale, di un anonimo offerente e di alcuni artigiani.
Navata nord:
-In controfacciata vi è l’antico battistero del 1780. Le ante in legno sono opera del bravo intagliatore Ignazio Marchetti mentre nel decoro superiore la scena in affresco del “battesimo di Gesù” è opera del pittore Gaetano Ghidetti (1723-1793).
Navata nord:
-Sempre nella stessa controfacciata è visibile una interessante lapide policroma risalente al 1656 probabilmente proveniente dal soppresso convento dei Francescani di Sottargine nel 1800.
-Cappella occupata dal fonte battesimale opera in marmo del 1930 come le acquasantiere.
-“Cappella di San Sebastiano e Sant’Antonio Abate” – sopra l’altare dipinto di anonimo dell’inizio del XVII secolo che rappresenta i due santi.
-Sopra la porta laterale nord - un “battesimo di Cristo” di anonimo della fine del XVII o inizio XVIII secolo.
-“Cappella dedicata alla Vergine Immacolata” LI recenti restauri, per volontà delle sorelle Calzolari, hanno interessato l’intera area e hanno riportato ai colori originari sia le decorazioni pittoriche a volute e motivi floreali, eseguiti a tempera verso la metà del XIX secolo, che l’altare e l’ancona. In questa occasione è riemersa la data 1874, anno in cui il Capitano Sante Ferri fece eseguire l’altare, in onore dell’Immacolata nonché la statua della Beata Vergine della Concezione.
Anticamente era sede della Confraternita del Venerando Consorzio, una delle numerose associazioni di fedeli che erano presenti nelle singole cappelle e che avevano come scopo l’incremento del culto, l’esercizio di opere di carità, di penitenza e di catechesi.
In origine sopra l’altare era collocato un grande dipinto con la “Beata Vergine di Caravaggio” in una cornice lignea “velata”. In seguito ad interventi tra il XIX e il XX secolo, sono avvenute alcune modifiche nelle cappelle laterali, modifiche che hanno interessato anche quella in oggetto. L’attuale ancona, di gusto neoclassico è opera ottocentesca di legno intagliato, in parte dipinto a finto marmo e in parte dorato, delimitato in basso da cornice a più modanature, sorretta da mensole fitomorfe, mentre due lesene scanalate sorreggono la trabeazione con cornicione a fregio dentellato e fastigio a volute vegetali con palmetta centrale dorata. La nicchia con mostra centinata racchiude la statua in gesso della Madonna di Lourdes. L’altare in cotto, con mensa sostenuta da coppia di colonne a balaustra, ha due gradini in legno dipinto a finto marmo con cornici dorate, il tabernacolo in legno è caratterizzato da portella sormontata da grappoli d’uva e spighe simbolo di eucarestia.
Una iscrizione ricorda gli interventi eseguiti nel 1930, grazie a una donazione di Ines Grossi, vedova Ferri che desiderava così perpetrare il suo amore alla Vergine, così come, nel 1954 quando la signora Minelli donò l’attuale statua della Madonna di Lourdes.
“Cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova” - non presenta particolari pregi artistici.
Navata nord:
-Cappella occupata dal fonte battesimale opera in marmo del 1930 come le acquasantiere.
-“Cappella di San Sebastiano e Sant’Antonio Abate” – sopra l’altare dipinto di anonimo dell’inizio del XVII secolo che rappresenta i due santi.
Navata nord:
-Cappella occupata dal fonte battesimale opera in marmo del 1930 come le acquasantiere.
-“Cappella di San Sebastiano e Sant’Antonio Abate” – sopra l’altare dipinto di anonimo dell’inizio del XVII secolo che rappresenta i due santi.
Navata nord:
-Sopra la porta laterale nord - un “battesimo di Cristo” di anonimo della fine del XVII o inizio XVIII secolo.
-“Cappella dedicata alla Vergine Immacolata” LI recenti restauri, per volontà delle sorelle Calzolari, hanno interessato l’intera area e hanno riportato ai colori originari sia le decorazioni pittoriche a volute e motivi floreali, eseguiti a tempera verso la metà del XIX secolo, che l’altare e l’ancona. In questa occasione è riemersa la data 1874, anno in cui il Capitano Sante Ferri fece eseguire l’altare, in onore dell’Immacolata nonché la statua della Beata Vergine della Concezione.
Anticamente era sede della Confraternita del Venerando Consorzio, una delle numerose associazioni di fedeli che erano presenti nelle singole cappelle e che avevano come scopo l’incremento del culto, l’esercizio di opere di carità, di penitenza e di catechesi.
In origine sopra l’altare era collocato un grande dipinto con la “Beata Vergine di Caravaggio” in una cornice lignea “velata”. In seguito ad interventi tra il XIX e il XX secolo, sono avvenute alcune modifiche nelle cappelle laterali, modifiche che hanno interessato anche quella in oggetto. L’attuale ancona, di gusto neoclassico è opera ottocentesca di legno intagliato, in parte dipinto a finto marmo e in parte dorato, delimitato in basso da cornice a più modanature, sorretta da mensole fitomorfe, mentre due lesene scanalate sorreggono la trabeazione con cornicione a fregio dentellato e fastigio a volute vegetali con palmetta centrale dorata. La nicchia con mostra centinata racchiude la statua in gesso della Madonna di Lourdes. L’altare in cotto, con mensa sostenuta da coppia di colonne a balaustra, ha due gradini in legno dipinto a finto marmo con cornici dorate, il tabernacolo in legno è caratterizzato da portella sormontata da grappoli d’uva e spighe simbolo di eucarestia.
Una iscrizione ricorda gli interventi eseguiti nel 1930, grazie a una donazione di Ines Grossi, vedova Ferri che desiderava così perpetrare il suo amore alla Vergine, così come, nel 1954 quando la signora Minelli donò l’attuale statua della Madonna di Lourdes.
“Cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova” - non presenta particolari pregi artistici.
Navata nord:
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-“Cappella dedicata alla Vergine Immacolata” LI recenti restauri, per volontà delle sorelle Calzolari, hanno interessato l’intera area e hanno riportato ai colori originari sia le decorazioni pittoriche a volute e motivi floreali, eseguiti a tempera verso la metà del XIX secolo, che l’altare e l’ancona. In questa occasione è riemersa la data 1874, anno in cui il Capitano Sante Ferri fece eseguire l’altare, in onore dell’Immacolata nonché la statua della Beata Vergine della Concezione.
Anticamente era sede della Confraternita del Venerando Consorzio, una delle numerose associazioni di fedeli che erano presenti nelle singole cappelle e che avevano come scopo l’incremento del culto, l’esercizio di opere di carità, di penitenza e di catechesi.
In origine sopra l’altare era collocato un grande dipinto con la “Beata Vergine di Caravaggio” in una cornice lignea “velata”. In seguito ad interventi tra il XIX e il XX secolo, sono avvenute alcune modifiche nelle cappelle laterali, modifiche che hanno interessato anche quella in oggetto. L’attuale ancona, di gusto neoclassico è opera ottocentesca di legno intagliato, in parte dipinto a finto marmo e in parte dorato, delimitato in basso da cornice a più modanature, sorretta da mensole fitomorfe, mentre due lesene scanalate sorreggono la trabeazione con cornicione a fregio dentellato e fastigio a volute vegetali con palmetta centrale dorata. La nicchia con mostra centinata racchiude la statua in gesso della Madonna di Lourdes. L’altare in cotto, con mensa sostenuta da coppia di colonne a balaustra, ha due gradini in legno dipinto a finto marmo con cornici dorate, il tabernacolo in legno è caratterizzato da portella sormontata da grappoli d’uva e spighe simbolo di eucarestia.
Una iscrizione ricorda gli interventi eseguiti nel 1930, grazie a una donazione di Ines Grossi, vedova Ferri che desiderava così perpetrare il suo amore alla Vergine, così come, nel 1954 quando la signora Minelli donò l’attuale statua della Madonna di Lourdes.
“Cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova” - non presenta particolari pregi artistici.
Nell’abside tra due finestroni spicca l’immagine della “Madonna Assunta”.
Il dipinto, olio su tela di 360x210 cm, collocato nell’abside della Prepositurale di Sissa, raffigura la Vergine in abito rosso e manto blu morbidamente panneggiato, seduta su nubi con le braccia aperte e sguardo proteso al cielo, trasportata da folla d’angeli in volo verso la luce. Nella parte inferiore, un’urna istoriata in parte coperta da rose e da un bianco velario. In basso a sinistra si legge la scritta: IACOBUS PARE/TY SORANEAE/ORIUNDUS ET/ SISSIAE PRAEP.TUS/FIERI FECIT/MDCCXLII.
In basso a destra la sigla P.F.
Il dipinto è stato eseguito nel 1742 per volere del soragnese Giacomo Parizzi, parroco di Sissa dal 1740 al 1780, come si legge nell’iscrizione. La sigla P.F. coincide con le iniziali del pittore sissese Paolo Ferrari, attivo in quegli anni nella Parrocchiale per la quale dipinse I Misteri del Rosario, documentati al 1734 e non a quelle del figlio Pietro Melchiorre Ferrari (1734/1787) a cui è stata erroneamente attribuita e che avrebbe dovuto dipingerla all’età di otto anni. Non essendo ancora stato studiato l’intero corpus delle opere del pittore Paolo Ferrari, non si hanno altre notizie di lavori di ampio respiro come l’Assunta se si eccettua la pala dell’oratorio di Copermio.
L’impianto della pala è di derivazione correggesca e risente della iconografia pietistica settecentesca, è caratterizzata dalla diagonale di nubi e angeli che divide il dipinto con la simbologia terrestre e celeste, permeata di luce dorata, sapientemente ripartita.
La cornice traforata in legno dorato è coeva e reca, al centro del cartiglio, la scritta ASSUMPTA EST.
Nello spazio retrostante all’altare maggiore, nel primo decennio dell’ottocento sono stati inseriti nella curva semicircolare il coro in noce e il leggio, opere di Francesco Galli, uno dei maggiori artefici del tempo. La cantoria è formata da sobri sedili e da specchiature rettangolari suddivise da lesene scanalate con capitello. Al centro è posto il sedile episcopale sovrastato da monogramma “M.A.” in rilievo.
Nel transetto sono incorporate due cappelle:
-a sinistra “cappella della Madonna del rosario” dotata di una ancona di ammirevole architettura databile alla prima metà del settecento.
In questa cappella è posta la bella scultura lignea, opera di Insan e Prinoth di Ortisei, che raffigura la “Madonna Assunta portata in cielo da due angeli”. In precedenza, dal 15 agosto 1934 sino agli anni ‘60, il gruppo scultoreo era posto nella nicchia dell’abside. La Madonna porta sul capo una corona in oro e argento donata dai parrocchiani nell’agosto del 1935.
Nella cappella sono esposte due composizioni pittoriche entrambe contornate dagli ovali con i misteri del Rosario inseriti in cornici dipinte e dorate a profilo mistilineo centinato e intagliato a traforo nella parte superiore che è decorata da volute fogliate e riccioli fitomorfi.
Queste pregevoli cornici settecentesche sono opera dell’intagliatore parmense Francesco Provinciali che le eseguì nel 1733 su mandato della Confraternita del Rosario che aveva sede in questa cappella.
La stessa Confraternita aveva commissionato i dipinti al pittore sissese Paolo Ferrari (1705-1792) , artista parmense esecutore di numerosi quadri e affreschi nel territorio, nonché architetto al servizio del Duca di Parma e Soprintendente alle regie fabbriche ducali.
Portati a termine nel 1734 per un compenso di 200 lire, i dipinti purtroppo versavano in un cattivo stato di conservazione che non ne consentiva una corretta lettura delle immagini e dei colori.
Nell'agosto 2024 sono terminati i lavori di restauro, promossi da Pro Loco Sissa Trecasali APS con donazioni della Dott.ssa Angela Mozzoni e del Dott. Pieranselmo Mori, in memoria del Prof. Giovanni (Gianni) Mori ed il contributo del Gruppo parrocchiale pesca di beneficenza in memoria della Sig.ra Maria Ragazzini Musetti, e i quadri sono stati ri-collocati nella loro sede. Il 5 ottobre 2024 sono stati presentati alla Comunità.
“Madonna con Bambino e Misteri gloriosi e gaudiosi”, comprende nove tele a olio: quella centrale, centinata, rappresenta la “Madonna con Gesù Bambino e San Domenico” ed è circondata da tondi con: “Presentazione di Gesù al tempio” (IV Mistero gaudioso), “Gesù nel tempio tra i dottori” (V Mistero gaudioso), “Resurrezione di Gesù Cristo” (I Mistero glorioso), “Ascensione di Gesù Cristo” (II Mistero glorioso), “Discesa dello Spirito Santo sugli apostoli e la Madonna raccolti in preghiera” (III Mistero glorioso), “Assunzione della Madonna” (IV Mistero glorioso), “Incoronazione della Madonna” (V Mistero glorioso), “Santa Caterina da Siena”.
"San Vincenzo Ferrer e misteri dolorosi e gaudiosi" racchiude nove tele a olio: quella centrale, centinata, raffigura “San Vincenzo Ferrer predica alla folla”, ed è circondata da otto tondi con: “Annunciazione” (I Mistero gaudioso), “Maria visita Sant'Elisabetta” (II Mistero gaudioso), “Natività di Gesù” (III Mistero gaudioso), “Gesù Cristo nell'orto di Gethsemani” (I Mistero doloroso), “Gesù Cristo flagellato” (II Mistero doloroso), “Gesù Cristo coronato di spine” (III Mistero doloroso), “Gesù Cristo sale sul monte Calvario” (IV Mistero doloroso), “Crocifissione di Gesù Cristo” (V Mistero doloroso).
Le cornici, in legno intagliato e dorato, sono state eseguite da Francesco Provinciali, intagliatore parmense della prima metà del XVIII secolo.
Delimitata da arcone con cartiglio in stucco recante la scritta ROSEA/HIC VIRGA FLORUIT, la Cappella è riccamente dotata di arredi settecenteschi: altare e tabernacolo in legno dipinto a finto marmo, mensa ed urna reliquiario di “Santa Vittoria”, in marmi policromi, ancona linea con cimasa espansa e colonne tortili che conteneva l'antica statua lignea della “Vergine del Rosario con bambino”.
-a destra “cappella del Sacro Cuore” databile alla prima metà dell’ottocento che è pomposamente arricchita di spesse e sfavillanti dorature. Sopra l’altare vi è un dipinto di buona fattura di Enrico Sifoni (XIX secolo).
Le stazioni della Via Crucis risalgono al 1800 e sono opera dell’incisore parigino Lemercier.
Gli stucchi dell’arcone, dei cornicioni e dei capitelli sono opera dello stuccatore parmense Antonio Ferraboschi della prima metà del settecento (1730-1740). Il Ferraboschi era uno dei più apprezzati stuccatori della corte farnesiana.
Molto interessanti sono i mobili della sacrestia: credenza e orologio del settecento e credenzone dell’ottocento.
Di grande valore è l’organo che sta sopra l’ingresso. E’ stato costruito nel 1876 da Pacifico Inzoli di Crema, famoso organaro che nella sua carriera ha costruito oltre quattrocento organi; il nostro è il numero 12 ed è costituito da 1350 canne di stagno, piombo antico e legno.
Fra i più importanti organi costruiti dall’Inzoli vi è il monumentale organo per la Cattedrale di Cremona (1879), divenuto famoso in tutt'Europa per la canna maggiore di facciata dell'altezza di 8,40 m, del diametro di 41 cm e del peso di 202 kg, altri suoi organi si trovano nella Chiesa di Sant'Ignazio a Roma (1888), nel Santuario di Valle a Pompei (1890), nella Chiesa parrocchiale di Adro (BS, 1891), nella Chiesa di San Domenico a Palermo (1898) nella Cappella del Crocifisso nella grotta della Cattedrale di Urbino (1889) e molti altri ancora.
L’elegante balaustra che delimita la piccola cantoria e la cassa che contiene l’organo risalgono al 1795 e nel cartiglio in alto sta scritto “LAUDATE EUM IN CHORDIS ET ORGANO”.
Questo importante patrimonio di storia e di arte che i nostri antenati ci hanno lasciato dovrebbe essere conosciuto da tutta la popolazione di Sissa, poiché la conoscenza ne stimola sicuramente la cura e la salvaguardia. La nostra chiesa parrocchiale è la testimonianza della spiritualità della nostra gente e tale deve continuare ad essere anche ai nostri giorni, luogo di culto, di preghiera e di aggregazione.
Ricerche storiche a cura di Francesco Sassi
Nel 1909 la parrocchia era retta dal Prevosto Don Ulisse Bertoli. Il periodo era particolarmente difficile a causa dell’insorgere di un forte anticlericalismo. Il Don Bertoli proveniva da Riana, una piccola parrocchia di una frazione di Monchio delle Corti.
Egli viene così descritto “tutto nervi, magro, bassotto, conobbe il suo campo affidatogli dal Signore e ripetè -non recuso laborem- consumando sè stesso per ottenere qualche cosa”.
La nostra chiesa parrocchiale aveva un concerto di sole quattro campane vecchie e consunte.
Questo concerto non accontentava ne il parroco ne i parrocchiani.
Don Bertoli perciò decise di dare al nostro bel campanile quattrocentesco un concerto che rispondesse di più al desiderio suo e dei parrocchiani.
Fece la proposta e seppe entusiasmare talmente i fedeli che in breve tempo raccolse il denaro sufficiente all’acquisto di otto nuove campane, vendendo alla ditta fornitrice le vecchie.
Le campane arrivarono da Milano alla stazione di Colorno e da là a Sissa su di un carro nuovo trainato da buoi. Il carro una volta giunto sul sagrato vennero staccati i buoi per non farli entrare in chiesa e spinto a braccia nel “Tempio del Signore”.
Quindi “nella navata di mezzo, ad una certa distanza, ad una regolare altezza dal suolo, ad una, ad una tutte le otto magnifiche campane furono collocate, ornate da nastri tricolori”.
Ci fu poi la cerimonia del battesimo, i bronzi furono circondati dai rispettivi padrini e dai numerosissimi fedeli. Dopo il battesimo alla stesso modo in cui erano entrate furono fatte uscire, collocate nel borgo del Ven. Antonio Criminali quindi innalzate sul campanile e collocate al loro posto “...e così dopo non molto tempo il nuovo magnifico concerto spandeva le sue molteplici e melodiose note ora gioiose ed ora lugubri per annunciare i gaudi od i dolori della chiesa e dei suoi fedeli…”.
Giungiamo al 1942, il Prevosto è Don Moderanno Spalazzi, l’Italia è in guerra ed è arrivato il momento in cui lo Stato obbliga alla consegna di oro e bronzo per sostenere lo sforzo bellico.
Anche alla Chiesa perciò viene chiesto, in base al “R.D. 23 aprile 1942 – XX n.506”, la consegna di un determinato quantitativo di bronzo stabilito per ogni parrocchia.
Il 18 settembre 1942 dal campanile della nostra Chiesa parrocchiale vengono rimosse:
-la campana maggiore del concerto
Peso kg. 1110 – diametro m. 1,250
Su di essa spiccava questa iscrizione:
“A.D. MCMIX – Pontefice Pio P.PX
Guidone Conforti Parm. Dioc. Arch. Episcopo
Sissiae Praep. Ulisse Bertoli
David Fratta = Garlaschelli Mario = Willelmo Gandini = Olimpio Pezzini = Zeffirino Galli”
(questi ultimi probabilmente sono i padrini di battesimo)
Vi erano scolpite: l’immagine del Papa, di Mons. Conforti, del Prevosto Bertoli e della Madonna Assunta.
-la 5^ campana
Peso kg. 218 - diametro m. 0,735
Portava questa iscrizione:
“Ecce dabit voci suae – vocem virtutis – Pereunt pericula- narrent hi qui sentiunt “
Portava l’immagine di San Bernardo e di Sant’Antonio da Padova.
-la 6^ campana
Peso kg. 158 – diametro m. 0,660
Portava questa iscrizione:
“Impleat Dominus omnes petitiones tuas”
-la 7^ campana
Peso kg. 124 – diametro m. 0,610
Portava questa iscrizione:
“In cimbalis benesonantibus – Laudate Deum”
Portava l’immagine del Beato Antonio Criminali
Dagli Oratori:
-Crocefisso
Campana peso kg. 126 – diametro m. 0,610
Portava l’iscrizione:
“Dono del Conte Terzi”
-Borgonovo
Campana peso kg. 53 – diametro m. 0,440
Portava l’iscrizione
“Et verbum caro factum est
Immaculata conceptis - Ora pro-nobis”
-Casalfoschino
Campana peso kg 50 dimetro m. 0,445
Portava l’iscrizione:
“Sanctae Nicolae – ora pro nobis”
Le campane partirono poi definitivamente da Sissa il 26 gennaio 1943.
Dopo la fine della guerra, nel dicembre 1948, furono ordinate alla “Ditta De Poli di Udine” le campane che dovevano sostituire quelle sequestrate.
L’ordinazione fu firmata dai legali rappresentanti della Chiesa: Don Moderanno Spalazzi, Primo Martani e Giovanni Martani.
Le nuove campane arrivarono e furono issate sul campanile, con grande concorso di popolo, nel giugno del 1949.
Oltre alle campane della Chiesa parrocchiale, il cui nuovo campanone pesava kg. 1110 come quello sequestrato, furono rimesse in posizione anche quelle degli oratori del Crocifisso, di Casalfoschino e di Borgonovo.
Per il battesimo e per l’inaugurazione si attese il 3 luglio 1949 giorno “in cui Sissa vedeva un giovane suo figlio salire per la prima volta l’Altare del Signore per celebrare la sua prima Santa Messa”. Il giovane era “don Giacomo Pedretti che vedeva realizzato il suo grande sogno: essere sacerdote”.
Nello stesso giorno vi fu la prima comunione dei fanciulli.
Il Parroco don Moderanno Spalazzi, con “gesto squisitamente gentile”lasciò al novello sacerdote l’onore di battezzare le nuove campane che ebbero come padrini il dottor Gigino Bacchini, il signor Piccinini, la signorina Annamaria Boerchi e la signorina Elena Ferri”.
La prima messa del novello sacerdote fu cantata dal coro dei seminaristi di Parma e assistita dal prof. Don Giuseppe Orsi che fece anche l’omelia.
Delle otto campane, il cui suono accompagna i momenti gioiosi o tristi della nostra comunità, annuncia le cerimonie religiose e scandisce giornalmente il nostro tempo, quattro risalgono al 1909 e quattro al 1949.
Il concerto di otto campane in LA maggiore fa del nostro campanile uno dei più acusticamente dotati di tutta la zona rivierasca parmense.