GIOVANNI BATTISTA PEZZANELLI

(SISSA 4 Novembre 1875 – SISSA 16 Dicembre 1952)


Studiò contrabbasso al conservatorio di Parma, senza però conseguire il Diploma. Lavorò ugualmente in tutti  i maggiori teatri italiani ed europei. Lasciò  presto  l’attività   orchestrale e si ritirò a Sissa dove fu organista della chiesa parrocchiale S.S. Maria Assunta. Carattere introverso, metodico e sensibile si dedicò anche all’insegnamento gratuito della musica ai giovani. Alla sua morte lasciò parte dei suoi beni alla locale casa per anziani di Sissa. (fonte: Gazz. Di Parma – Dizionario dei parmigiani) Fin qui la nota biografica ufficiale. Ma per inquadrare meglio il personaggio occorre attingere alla testimonianza di chi lo conobbe e che, ancora oggi, ne conserva un grato ricordo.

 

Ai primi del secolo scorso, quando è ambientata la vicenda che intendo rievocare, il  Pezzanelli  poteva essere considerato una persona relativamente benestante; dotato di modeste rendite finanziarie era anche proprietario di un piccolo podere in Palasone. Un casamento: civile e rustico, con annesse ca. 3 biolche di terreno più altre biolche 18 ca. di cui 7 in golena del fiume Taro, condotto  a mezzadria. Situazione molto  diffusa nelle campagne della Bassa. Niente di paragonabile alle grandi estensioni di terreno attuali. Il reddito prodotto era scarso ed incerto legato all’andamento stagionale. Non c’era certo da scialare, ma era un reddito che consentiva la sopravvivenza sia della famiglia del  proprietario  che  di quella del mezzadro conduttore. Quest’ultimo forniva il lavoro, qualche capitale vivo: bestiame, polli e attrezzature varie: un carro, un aratro e altri utensili minuti. A fine stagione il raccolto prodotto veniva suddiviso tra le due parti in base agli accordi convenuti.

Nel  nostro  caso  la  mezzadria  era

attribuita alla famiglia Paini, composta da: padre, madre e 5 figli. 3 femmine e  due  maschi  –  di  età  compresa

tra i 7 anni della prima e i 6 mesi dell’ultima nata e dalla vecchia nonna di anni 84, madre dei Paini. Era la composizione di una tipica famiglia dell’epoca e come tale alle prese con le problematiche e le ristrettezze imposte dalle grame condizioni di vita. Povera gente che viveva nel precario equilibrio sancito dalla piccola storia dell’esistenza. Ma era anche l’epoca della Grande Guerra, quella del 15/18, l’evento epocale, e come un uragano la grande storia entrò nella vita di tutti sconvolgendola. La famiglia Paini ne fu tragicamente colpita. Il Paini padre, nonostante i pesi familiari, era sotto le armi quando la moglie morì di malaria (oppure di “spagnola”). Venne congedato ma anch’egli, poco dopo, al suo ritorno fu vittima di un grave incidente.

Sembrava che la malasorte avesse

preso gusto a incrudelire contro quella famiglia.

Gli orfani e la vecchia nonna non erano, da soli, in grado di mandare avanti il podere.  Oltre  a  rischiare  di perdere quel poco che avevano, potevano sparire come famiglia e venire dispersi.

Già durante il funerale del povero mezzadro ci fu chi si fece avanti e cercò di acquisire la condotta del podere dal Pezzanelli! (Questi erano… sono sempre, allora come ora, i tempi degli egoismi personali che annullano ogni pietà e solidarietà).

Ma Pezzanelli descritto come persona introversa, metodica e sensibile, dette anche prova di grande carattere e umanità e, sdegnato, ricusò ogni offerta. In più a chi gli faceva notare che i bambini e la vecchia non erano in grado di sostenere la condotta, rispose semplicemente che per lui il podere era e rimaneva occupato, e al resto avrebbe provveduto lui. E così fece. Trovò un  famiglio  (salariato) in grado di sbrigare il lavoro fino a quando i ragazzi furono cresciuti e in grado di provvedere da soli alle loro vite, mantenendo unito anche il nucleo familiare che alla sua morte ereditò il casamento con le 3 biolche annesse, dove erano sempre vissuti. Per contro la famiglia Paini, non abbandonò mai il suo “benefattore” e quando ne ebbe bisogno, come negli ultimi tempi della sua vita, dove gli venne amputata una gamba, tutta la famiglia prestò la massima assistenza.

Il mio ricordo personale è dovuto al

racconto che mio padre mi faceva di un vecchio signore esile e dignitoso che tutti i giorni andava a piedi da Sissa, dal piazzale della chiesa dove abitava, a Palasone a prendere un pentolino di latte da quella che, penso, lui ritenesse essere “la sua famiglia”. E che, volentieri, si fermava a parlare, affabile e gentile, con tutti, grandi e piccoli. E poi tornava a casa a Sissa a suonare l’organo della chiesa.

E’ una bella storia, degna del libro “Cuore” ma che è vera.

Per raccontarla, oltre ai miei ricordi, ho chiesto la conferma di alcuni particolari a Giuseppe Paini. Ho percepito la commozione  ancora  viva nel suo racconto. Mi fu mostrato tra gli affetti familiari più cari anche una rara immagine del Pezzanelli mentre suonava l’organo. Era come me lo raffiguravo nella mia fantasia: un uomo serio, assorto  nella sua passione musicale che ben si radicava nella vita da dove traeva forza e dolcezza. E vi confesso che  mi piacerebbe sentire quella musica d’organo che canta alla vita mite e sontuosa nella sua semplicità.

Francesco Delfrate