DA vOCI N. 12/2024

L’ABATE CARLO INNOCENZO FRUGONI: CHI ERA COSTUI?

“Coronar de’ versi miei

io vò, BELLA CORONA

di quei versi, ch’elicona

per te sola ama serbar.

Tu vedesti quel che il Taro

fè seguendo i geni alteri

del GRAN TERZI, che al Panaro

dono eccelso di te fa….

Sissa, 1741: a casa Terzi si celebrano le nozze di donna Corona col marchese modenese Bonifacio Rangoni, ricco proprietario di beni immobili anche nel centro Sissa. L’eco delle nozze si propaga per tutto il parmense, tanto che è presente un personaggio famoso nel campo delle lettere, già poeta di corte dei Farnese e ora dei Borbone: CARLO INNOCENZO FRUGONI, poeta in Arcadia (Genova 1692 – Parma 1768), abate che alla vita del monastero preferisce lo splendore dei teatri e delle tavole imbandite.

Per l’occasione il poeta scrive una “CANZONE alla nobilissima ed ornatissima dama, la signora Marchesa DONNA CORONA RANGONE, nata contessa Terzi di Sissa”.

La Canzone viene da lui declamata durante il banchetto, poi pubblicata nella Stamperia Giuseppe Rosati nello stesso anno delle nozze: è un fascicoletto di otto pagine ora conservato nella Biblioteca Palatina di Parma. Frugoni celebra non solo la sposa, ma tutto il casato dei Terzi, “il genitor dolente pel tuo partir”, “la madre celebre per signoril talento”, la sorella Costanza “eccelsa nella danza, suono e canto”; celebra lo sfarzo del banchetto, celebra la terra di Sissa, celebra la vita.

E’ una canzone altamente adulatoria, che ben rivela uno dei caratteri della poesia di Frugoni, il quale definisce se stesso “poeta che assai vale nel dir bene e nel dir male”. Il tono satirico/ridanciano è l’altro aspetto della poesia di Frugoni come è evidenziato nel “Decreto sopra i nasi” testo scritto per una festa di carnevale. Questo componimento ricco di doppi sensi, divertente e irriverente, fa pensare a quando negli anni ’70 e ’80 del Novecento a Soragna si eleggeva il Re di Nasonia.

…….”Per frenar poi l’indiscreta

libertà da noi si vieta

pur quel vizio enorme e brutto

il ficcarlo da per tutto

noi vogliam che sia concesso

ai più bravi, ed ai più scaltri

per il naso menar gli altri………………….

Divertentissima rima baciata, che con la sua vena irriverente umoristica diverte ancor oggi.

Ma torniamo alla presenza del Frugoni presso i Terzi di Sissa.

Siamo nel 1736 (cinque anni prima delle sfarzose nozze di Corona) quando nel teatrino familiare dei Terzi (la vasta sala del piano nobile della rocca sul cui soffitto è conservato un affresco di Sebastiano Galeotti) viene organizzata la rappresentazione di una commedia di Carlo Innocenzo Frugoni. Il “cast” è formato dall’autore stesso, dalla contessine Corona e Costanza Terzi, dai conti J.A.Sanvitale, Giulio Bajardi e Aurelio Bernieri.

Un anno dopo nel 1737 la bella Corona organizza una grande festa in maschera in cui lei stessa e l’abate Frugoni vengono ospitati nel carro che rappresenta allegoricamente la Spagna.

Il teatrino sissese diventa celebre nel parmense ed il Frugoni scrive un adattamento per la tragedia “Romolo” promuovendo anche l’arricchimento di grandi allestimenti scenici, forse opera dello stesso Galeotti. Ma è soprattutto alla corte dei Farnese e dei Borbone che, come poeta di corte celebra coi suoi versi compleanni, onomastici, anniversari, arrivi e partenze di viaggiatori illustri (tra cui Carlo Goldoni), feste cittadine. La sua è una presenza talmente nota che il pittore sissese Pietro Melchiorre Ferrari nel 1762-63 lo rappresenta nella tela dal titolo “Frugoni in Arcadia” conservata a Parma nella Galleria Nazionale. La tela viene commissionata dal Du Tillot, personaggio chiave della vita parmense del secondo ‘700, per il settantesimo compleanno del poeta di corte. “L’opera dovrà essere piacevole, fresca e ariosa, non senza una sfumatura di ironia”: infatti Frugoni viene rappresentato, lui settantenne, in una posa statuaria come un giovane pastore mentre declama i suoi versi a un consesso di pastori e pastorelle le cui sembianze riconducono in parte a volti della colta aristocrazia locale. I cestini contenenti cibo fanno pensare ad un picnic in una natura ornata di alberi che lasciano intravedere l’azzurro del cielo e le colline in lontananza.

Il Frugoni morirà a Parma nel 1768, cinque anni dopo tale omaggio a lui reso dalla dinastia regnante.

 

Flavia

Il pittore sissese Pietro Melchiorre Ferrari e l'abate Frugoni.

Entrambi personaggi legati alla Corte borbonica Settecentesca di Parma, il Pittore Pietro Melchiorre Ferrari e l’abate Furgoni vantano un legame con la bassa, col paese di Sissa.

Il primo, Pietro Melchiorre, nato a Sissa nel 1735, era figlio di Paolo, artista che l’avviò dopo un primo apprendistato alla formazione pittorica a Parma dove frequentò l'Accademia di Belle Arti e a Bologna.

Il secondo, l'abate Frugoni, era poeta di Corte ed elegante Conversatore. Ebbe contatti con i conti Terzi, signori di Sissa di cui fu ospite illustre in occasione delle nozze Terzi-Rangoni, per declamare una composizione in onore della aristocratica allieva Corona Terzi.

Il pittore sissese, divenuto apprezzato ritrattista di Corte, esegui negli anni 1760-70 le effigi dei più importanti personaggi della vita del Ducato come quella dell'abate Furgoni.

Il dipinto, L'ARCADIA E IL FRUGONI, esposto nella Galleria Nazionale di Parma, gli fu commissionato dal Du Tillot, primo Ministro della Corte Ducale borbonica di Parma, in occasione del settantesimo compleanno dell'abate.

Il quadro rappresenta una novità pittorica, coincidente con la cultura letteraria locale, rappresenta anche dal Frugoni, comante Eginetico nella scuola poetica arcadica, ispirata alla poesia greca pastorale.

La traccia compositiva, ispirata dal Du Tillot, si muove sulla linea dei pittori francesi come Poussin e Watteau, in un periodo storico in cui, a Parma, si sviluppavano le tendenze adottate in Francia della pittura rococò, del nascente neoclassicismo e della ritrattistica borghese con intenti elegantemente barocchetti.

L'atmosfera del dipinto, L'ARCADIA E IL FRUGONI, è quella dell'arazzo, in cui si recita la favola Arcadica con protagonista, al centro, Comante Eginetico (Frugoni stesso).

 

I colori e le forme delle pastorelle e degli altri personaggi bucolici, immersi in una natura verdeggiante, ricca di vegetazione ed acque, le sculture ed architetture (che rimandano all'architetto di Corte Petitot), richiamano i dipinti dei francesi Boucher e Oudry, in una fusione fra natura e poesia in cui emerge, in posizione centrale e più elevata, la figura di Furgoni, ringiovanito, che recita la sua canzone.

lUCIA